L’Italia riprova a dare ai cittadini i pagamenti veloci, con un clic su internet, di servizi della pubblica amministrazione. Tasse scolastiche, rifiuti, tributi. Funziona così il progetto PagoPA, lanciato già nel 2013 dall’Agenzia per L’Italia Digitale, e che ora – dopo anni di flop – va verso una nuova vita.
I più grandi Comuni italiani – tra cui Roma, Milano, Torino, Palermo e Bari – hanno aderito al progetto rendendo disponibili i pagamenti online. Per ora solo sul sito del Comune, con tutte le asperità del caso. Entro il 2017 sarà possibile farlo anche tramite cellulare, ricevendo notifiche per i pagamenti in scadenza e per le ricevute di avvenuto pagamento.
È quanto ha appena annunciato il Team Digital di Diego Piacentini, il commissario all’Agenda digitale presso la Presidenza del Consiglio, in collaborazione con l’Agenzia per l’Italia Digitale.
Che finora PagoPa sia stato un flop ci sono pochi dubbi. Lo riconosce lo stesso Team Digital. Nell’annuncio della svolta scrive che ci sono stati “solo duemila Comuni aderenti sugli ottomila previsti, e settecentomila transazioni di pagamento su un totale potenziale di centinaia di milioni di operazioni”.
Un problema, perché PagoPa è da una parte una comodità in più per il cittadino e dall’altra la promessa di maggiore efficienza per la pubblica amministrazione.
“Prendiamo la tari”, spiegano dal Team. “Per pagarla ci arriva un avviso a casa con l’importo da pagare e istruzioni non sempre chiare su come farlo. In genere, si paga alla posta con il bollettino postali oppure compilando manualmente l’F24 sull’home banking della propria banca o ancora con l’avviso cartaceo presso uno sportello bancario. Tutto ciò rischiando errori nella compilazione e non ricevendo alcuna quietanza dal Comune per il pagamento effettuato”. “In più, il Comune stesso è costretto a conteggiare manualmente le somme incassate e riversarle (sempre manualmente) sul conto di tesoreria. Le probabilità che qualcosa vada storto sono abbastanza alte, e per questo siamo costretti a conservare per anni la ricevuta, per dimostrare l’avvenuto pagamento in caso di una contestazione”.
Tutto questo può diventare passato se PagoPa decollerà, come promette di fare. E non solo grazie a internet. PagoPa semplifica e amplia anche i modi di pagamento, in banca, sportelli postali, tabaccherie, ricevitorie.
Il cittadino potrà pagare sempre, in tutti questi luoghi, con una varietà di strumenti, anche elettronici, con la comodità a cui ci ha abituato l’e-commerce. E che per la PA italiana è ancora per gran parte utopia. Sarebbe anche normale chiederlo, allo Stato, in un’era in cui è possibile pagare con facilità nei negozi tramite cellulari (di recente il lancio di Apple Pay; altri sistemi includono Vodafone Pay, Satispay, le app di Unicredit, Intesa Sanpaolo).
Adesso anche la PA si svecchierà e non ci farà soffrire troppo con i pagamenti? Questo è ancora da vedere. In realtà, a quanto risulta, quei Comuni non hanno messo su PagoPA tutti i propri servizi, ma solo alcuni. E c’è chi, come Roma, che ancora ne sperimenta l’attivazione, quindi per il cittadino cambia poco al momento.
“Su PagoPa c’è ancora molto da fare. Tre comuni su quattro non permettono pagamenti online. E quelli che lo permettono hanno processi farraginosi”, ricorda Luca Gastaldi, degli osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano. La sfida abbracciata dal Team Digital è appunto da una parte estendere l’uso di PagoPa e dall’altra di renderlo più facile e immediato. “Ma al momento è una bella chiave che non apre nessuna porta”, dice Gastaldi. E non è una novità: molti dei progetti della PA digitale soffrono della distanza tra belle speranze e realtà. “Situazione simile a Spid, l’identità digitale del cittadino. Ancora non possiamo usarla per accedere a molti dei principali servizi. E a nessun servizio di aziende private”, dice Gastaldi. Non è ancora completa la trafila normativa per consentire alle aziende di farci accedere via internet ai loro servizi via Spid, anche se alcune banche e servizi di trasporto pubblico sarebbero da tempo pronte a offrire questa possibilità, a quanto risulta al nostro giornale. La promessa – ricordiamolo – e usare un identificativo unico per iscrivere il figlio a scuola, comprare un biglietto del treno o accedere al conto in banca.
“Il problema è che l’Italia finora ha scritto bei principi di amministrazione digitale, ma si è preoccupata poco di come aiutare gli enti a aderirvi. Per esempio, sembra che nessuno stia lavorando davvero per guidare le amministrazioni a recuperare e spendere le risorse comunitarie”, dice Gastaldi. Sono i 4,3 miliardi previsti per la PA digitale.
Fonte: Repubblica.it